top of page
  • Immagine del redattoreAdmin

NIENTE È PERSO PER SEMPRE



STILL ALICE è il titolo di un film con il quale la protagonista, Julianne Moore, ha vinto un premio Oscar nel 2015.

E’ tratto dall’omonimo libro scritto da Lisa Genova, laureata in neuropsichiatria ad Harvard e dedita allo studio del cervello e delle sue malattie più misteriose, come l’Alzheimer.

Ho visto questo film in televisione qualche giorno fa’, per caso, scegliendolo fra i “meno peggio” al termine di un selvaggio zapping serale.

All’inizio non ne ero particolarmente coinvolta, finché ho visto la seguente scena: la protagonista, una donna brillante, moglie, madre e docente universitaria di linguistica, affascinata dalla comunicazione e con una posizione sociale di prestigio, durante la sua solita sessione di jogging pomeridiano, si perde. Non riconosce i suoi luoghi, perde la familiarità con i posti che frequenta da sempre, da una vita, e che sono pieni di riferimenti e di ricordi: se solo ricordasse!


​Questa donna Si chiama Alice.

Alice ha circa 50 anni e ha l’Alzheimer.

Le viene diagnosticato un esordio precoce di Alzheimer mentre è ancora presente a se stessa e può assistere, come una spettatrice impotente, al graduale e inesorabile saccheggio della sua memoria e della sua identità “…Io mi sono sempre definita in base alla mia intelligenza, alla proprietà di linguaggio, alla capacità di argomentare, e adesso certe volte ho la sensazione di vedere le parole che galleggiano davanti a me e non riesco a raggiungerle e così mi perdo, non so chi sono e cosa perderò ancora."


Alice è circondata da una famiglia amorevole e sbigottita di fronte a una situazione dalla quale nessuno può scappare e con la quale tutti sono costretti a fare i conti.

Anche Lydia, la figlia più piccola, cerca di aiutarla e di starle vicino nel miglior modo che può.

Lydia sta per sbocciare e scalpita perché deve difendersi dagli attacchi della madre che, coscientemente, vuole usare la sua malattia per costringerla a frequentare il College per costruire il piano di riserva della sua vita, quello che la proteggerebbe se la sua ambizione di costruirsi una carriera da attrice la portasse a soccombere sotto il peso della durezza che la vita può assumere…

Lydia non accetta il ricatto morale, combatte per concretizzare le sue ambizioni e la sua vita come vorrebbe lei.

E’ una combattente come la madre, che lotta con la malattia (e non contro) perché ogni istante della vita che le rimane sia meritevole di essere vissuto “…Io mi sto battendo sto lottando per restare parte della realtà, per restare in contatto con quella che ero una volta. Così "vivi il momento" è quello che mi dico. È davvero tutto quello che posso fare vivere il momento e non massacrarmi più del necessario per imparare l'arte di perdere…”


​La malattia no! Non vale la pena di essere combattuta e rifiutata, se il prezzo da pagare è perdersi ogni momento presente.


​Quando l’Alzheimer è nella sua fase avanzata, Lydia legge ad Alice.

E’ uno dei modi che ha trovato per stare bene insieme alla madre e per connettersi a ciò che ne rimane, a quei circuiti emotivi che non andranno mai perduti “…Perché niente è perso per sempre. In questo mondo c’è una sorta di progredire doloroso. Desideriamo ciò che abbiamo lasciato indietro e sogniamo ciò che è avanti, o almeno credo che sia così”


Il finale del film non regala nessun artificioso “happy end”: la malattia fa il suo decorso, Alice continua a perdere molte delle capacità che durante tutta la sua vita l’hanno definita e gratificata, la famiglia le rimane vicina e rimane unita.

Mi piace pensare che Alice abbia davvero appreso l’arte del saper perdere e la capacità di arrivare all’essenziale. Che sia riuscita ad acquisire la capacità di assaporare l’essenza di ogni istante, uscendo dalla logica del doloroso progredire nella quale molte persone “sane” rimangono ingabbiate.

Mi piace immaginare che, per tutte le persone che soffrono di questa malattia, la sofferenza sia il prezzo da pagare per varcare la soglia che, una volta superata, da’ accesso a qualcosa che assomiglia all'ultima parola che Alice pronuncia nel film: Amore.


Still Alice, scritto e diretto da Richard Glatzer e Wash Westmoreland nel 2014


​Lo consiglio perché: E’ un film che mi ha confermato quanto sia importante dedicarsi al momento presente con gratitudine e, talvolta, ostinazione


​Ho scelto questa mia foto perché: Perché nulla è perso. C'è un’altra tela che contiene ciò che esce trasformato dalla prima


​Questa recensione appare anche sul Blog ArkaniSegnali

5 visualizzazioni
bottom of page